domenica 11 dicembre 2011

metodologie di intervento (prima parte)


METODO  ETODINAMICO

Che cos’è e cosa si propone
Si tratta di un modo di intervento nei confronti del bambino con autismo o, comunque, appartenente allo spettro autistico, che tenta di creare un canale comunicativo altamente significativo sul piano emozionale, in modo da poter attivare il bimbo su diversi livelli interattivi così da  favorire successivamente una rapida crescita delle sue capacità  e, quindi, un sostanziale miglioramento della sua situazione.

Su che cosa si basa
Si basa soprattutto sulla ricerca della motivazione nell’ambiente naturale, usando dei modi che rendano il bambino autistico curioso, in quanto il piccolo dell’uomo necessita per crescere di particolari modalità relazionali con la madre e, comunque, con l’adulto che si occupa di lui.
A questo proposito giocano un ruolo fondamentale le variazioni messe in atto dal genitore sin dai primi giorni di vita del figlio, mentre si pone in sintonia con lui.
Il piccolo, allora,, risponde con  il movimento degli occhi o con i gorgheggi, dando vita ad una sequenza ricca di enormi sviluppi, come l’emergere della intersoggettività primaria e di quella secondaria.
Aspetti, questi, spesso carenti o assenti nel bimbo con autismo e che devono poter essere da lui raggiunti  attraverso la creazione di sempre nuove modalità di scambio (reciprocità) da parte dell’adulto che, inizialmente è rappresentato dal terapeuta ma poi, anche, dal genitore. 

Come viene applicato
Il trattamento vero e proprio implica la messa in atto, da parte del terapeuta, di un processo interattivo molto intenso col bambino, cui devono assistere e partecipare i genitori stessi, basato  sulla ATTIVAZIONE EMOTIVA.
Questa modalità consiste nel creare un aumento quantitativo di stimoli specifici, creando in tal modo una INSTABILITA’ DEL SISTEMA NERVOSO  e poi esponendolo a una situazione per lui nuova e quindi RIDIREZIONANDOLO.
A tal proposito sono significativi gli studi con alcuni tipi di animali ma quello che è determinante nell’autismo è la capacità del terapeuta di modulare il rapporto col bimbo e creare una relazione talmente intensa da rappresentare la base di un progressivo processo evolutivo. 
Ciò deve poter essere portato avanti anche dai genitori a casa secondo un percorso organizzativo comprendente periodiche occasioni di incontro tra i genitori, il bambino con autismo ed il terapeuta. Analogamente deve essere attuato un intervento pedagogico strutturato a scuola integrando le migliori metodologie possibili, in riferimento alle specifiche esigenze e alle particolari  caratteristiche del soggetto.

Chi lo pratica. In quali contesti.
Il terapeuta è colui che svolge una funzione centrale in un tipo di intervento che utilizza fondamentali momenti valutativi rispetto ai sistemi di comportamento che, in un’ottica etologica sono definiti rispetto ai loro scopi (avvicinarsi, allontanarsi, esplorare), in una prospettiva motivazionale e, quindi, interattiva.
Per cui considera sia i modi di risposta del bimbo autistico, che può trovarsi in una situazione di conflitto motivazionale, sia le caratteristiche delle relazioni intrafamiliari, onde favorire adeguati processi collaborativi che richiedono, talvolta, modi di tipo intrusivo, come ad esempio quando si tratta di facilitare nel bambino un tipo di risposta che egli non è ancora capace di esprimere.
 A questo punto i genitori divengono dei co-terapeuti, in quanto conducono a casa interventi di circa un’ora al giorno.

In conclusione, si tratta di divenire una guida attiva per il bambino, dato che la sua mente ha bisogno di una mente più grande per funzionare, che ne condivida i significati e le dia un senso, utilizzando prima di tutto stimolazioni del tipo baby talk, fino a vere e proprie activities for fun per poi determinare le prime esplorazioni della realtà da parte del bimbo.
In modo da raggiungere progressivamente i seguenti obiettivi:
- la intersoggettività primaria
- la intersoggettività secondaria
- la spinta all’autonomia motoria
- l’attenzione alle intenzioni degli altri (teoria della mente)
- il gioco simbolico
- la narrazione

Come si svolge
Si svolge in una stanza spaziosa dotata di attrezzature (tavolo, sedie, divani, giocattoli) in cui il bambino è libero di muoversi e di interagire in attività ludiche con il genitore presente; al terapeuta spetta il compito di stimolare il genitore a essere propositivo verso il figlio. Il metodo tende a sviluppare le potenzialità emotive e la collaborazione tra il piccolo paziente e i genitori che si alternano nella stanza.

A chi è stato rivolto
Ai bambini con autismo o che comunque rientrano nello spettro autistico e, naturalmente, ai loro genitori.

Per quali fasce d’età
L’AERC raggiunge la massima efficacia terapeutica nel periodo di vita che arriva fino ai 7 anni. Tuttavia i processi operativi che permettono all’AERC di integrarsi facilmente con altre metodologie particolarmente attivanti l’autonomia del soggetto stanno permettendo il realizzarsi di ottimi risultati anche con ragazzini più grandi e gli adolescenti.

Critiche
La critica più frequente riguarda la considerazione che l’AERC non sarebbe un vero e proprio metodo strutturato. In effetti, in questo caso, si tratta di un vantaggio poiché l’AERC, presentandosi come un approccio di base all’autismo, da un lato si integra facilmente con le parti migliori di altri metodi strutturati e, d’altra parte, si pone in una continua revisione al fine di sempre meglio  rispondere alle esigenze dei bambini con autismo, anche in riferimento all’evoluzione delle ricerche in atto. A questo proposito, un grande contributo agli interventi AERC sta per evidenziarsi sulla base degli studi  recenti sui NEURONI MIRROR.


(http://autismo.inews.it/terapieriabilitative/metodi.htmhttp://www.oltreilmuro.com/curare-autismo.htm)

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