giovedì 22 dicembre 2011

Approccio Orff-Schulwerk


Approccio Orff-Schulwerk



Il potere della musica colpisce tutti noi e riesce a richiamare le nostre emozioni. E’ per questo motivo che i ricercatori dell’UCLA(University of California, Los Angeles) stanno utilizzando la musica per aiutare i bambini con disturbi dell’autismo, per i quali la comprensione delle emozioni è un compito molto difficile. Questa incapacità li priva della possibilità di comunicare in modo efficace e di fare amicizia e può spesso portare ad isolamento sociale e alla solitudine.
Grazie a un finanziamento della Fondazione NAMM (la Trade Association of the International Music Products Association), Istvan Molnar-Szakacs, ricercatore presso l’UCLA e colleghi hanno sviluppato un programma di educazione musicale per aiutare i bambini autistici a capire meglio le emozioni e imparare a riconoscere le emozioni negli altri.
Si tratta di uno studio naturalistico, in quanto non si svolge in un laboratorio, ma nella classe del bambino presso la scuola per autistici del Glen Village, in cui i bambini sono impegnati nel processo decisionale della musica” ha spiegato Molnar-Szakacs.
In particolare i bambini utilizzano un metodo di educazione musicale noto come approccio Orff-Schulwerk. Sviluppato dal compositore tedesco Carl Orff ( “schulwerk” è il termine tedesco che significa “scuola”), si tratta di un approccio unico musicale che si basa su azioni che i pazienti fanno in modo intuitivo e con piacere come cantare, fare le rime, applaudire, danzare e mantenere il ritmo battendo su qualcosa a portata di mano. Orff ha chiamato questa musica e questo movimento “attività elementare”, cioè un’attività di base, non sofisticata e che si fonda sulla costruzione della musica.
Il programma dura 12 settimane ed utilizza giochi, strumenti e il lavoro di squadra, e li combina con i giochi musicali. L’idea è quella di associare emotivamente i brani musicali alle corrispondenti emozioni sociali (come felicità, tristezza) in un contesto sociale e con un’impostazione interattiva.
La musica è un patrimonio di tutti i bambini. Per essere in grado di ascoltare e apprezzare, o partecipare alla musica sono essenziali lo sviluppo dell’apprendimento matematico o linguistico. Lo scopo di questo lavoro è quello di fornire un mezzo per risvegliare il potenziale musicale di ogni bambino, per essere in grado di capire e usare la musica e il movimento come forme di espressione e, attraverso le quali sviluppare un riconoscimento e la comprensione delle emozioni.” continua Molnar-szakacs. Secondo lui, apprendendo la musica, il bambino sarà in grado di sviluppare anche le altre capacità che lo aiuteranno nella comprensione della lingua e nella socialità, fino a riattivare quell’empatia che negli autistici è come “spenta”, migliorando di conseguenza la qualità della vita.
(http://www.medicinalive.com/medicina-tradizionale/nuove-frontiere/musicoterapia-bambini-autistici-vita-normale)


Vi cito anche un alteriore sito(http://www.bimbirimini.it/news/corso-di-musica-con-metodo-orff) dove potete trovare informazioni su questo metodo usato anche nelle scuole della prima infanzia e dell'infanzia  oppure quest'altro(http://www.orffitaliano.it/presentazione/pagine_dirette/lineeguidadir.htm) dove la tecnica è spiegata nel minimo dettaglio anche in riferimento alla lettura nella scuola italiana

martedì 20 dicembre 2011

Iniziamo con la musicoterapia

Ora dopo aver presentato le più diffuse metodologie di intervento cercherò di introdurre l'utilizzo della musica nella cura dell'Autismo soprattutto per i bambini da 0 a 3 anni.

Cercherò,inoltre di presentarvi i principali autori di queste pratiche di musicoterapia.


Aggiornerò il blog al più presto^^

metologie di intervento (parte terza)


La Therapie d'Echange et Developpement (TED)

La base di partenza della TED è rappresentata da alcune ricerche neurofisiologiche che hanno indagato fenomeni come la associazione sensoriale crociata e l'acquisizione e l'imitazione libera.
Con associazione sensoriale crociata si intende quel fenomeno che si osserva quando vengono registrate le risposte elettroencefalografiche conseguenti ad un suono e ad uno stimolo luminoso che segue di un secondo il suono. Ciò che si osserva è che dopo alcune presentazioni di questa coppia di stimoli, il primo (il suono) evoca una risposta nella zona visiva occipitale, quella che è solitamente attivata dallo stimolo luminoso. Perché si verifichi questa associazione non è necessaria alcuna forma di rinforzo (come per es. il cibo). Si tratta, infatti, di un processo cognitivo che si realizza spontaneamente, e che è presente, sebbene in modo irregolare, nel bambino autistico.
Nei bambini autistici, inoltre, si osserva anche, in certe condizioni il fenomeno dell' acquisizione libera, non condizionata da alcun rinforzo e non vincolata dalla presenza, in sede di apprendimento, di una sequenza temporale predefinita.
Accanto alla presenza dell'acquisizione libera, si osserva anche quella di imitazione libera: questa è stata dimostrata attraverso una registrazione elettroencefalografica fatta con bambini che guardano un filmato in cui vengono proiettati movimenti ginnici. Si osserva che durante la percezione dei movimenti ginnici avvengono delle modificazioni elettroencefalografiche nelle aree motorie del soggetto, sincronizzate con i movimenti proiettati sullo schermo. Il bambino autistico sarebbe in possesso, secondo questi autori, di una capacità di imitazione libera, sebbene poco strutturata.
I risultati di queste ricerche mettono in evidenza una curiosità fisiologica naturale, la tendenza biologica ad associare, comprendere e ricercare dei significati. Il terapeuta deve organizzare il setting e le attività da proporre al bambino tenendo conto di queste capacità che anche il bambino autistico possiede, seppur in misura ridotta e non strutturata.
Da queste premesse Barthelemy, Hameury e Lelord (1995) traggono i principi ispiratori della TED, che attraversano tutte le attività proposte al bambino, che come abbiamo visto puntano a sviluppare le diverse funzioni psicofisiologiche. Questi principi sono stati definiti dagli autori: la "tranquillità", la "disponibilità" e la "reciprocità".
Con tranquillità si intende definire in particolare il setting in cui ci svolge l'intervento. Questo è, in genere, costituito da una stanza di dimensioni limitate, spoglia, in cui sono presenti un tavolo e due sedie. Spesso è presente uno specchio unidirezionale che consente l'osservazione diretta della seduta. In questa stanza domina la calma e non si avvertono rumori esterni disturbanti. La principale fonte di interesse per il bambino è data dal terapeuta che, attraverso una modalità di interazione esclusiva ed attenta, gli propone un'attività o un gioco alla volta.
Questa organizzazione del setting ha lo scopo di favorire al massimo l'attenzione del bambino e la sua decodifica dei messaggi, riducendo al minimo la presenza di stimolazioni distraenti o confusive.
La disponibilità del terapeuta (secondo principio) è finalizzata a facilitare l'apertura del bambino verso il mondo esterno e a favorire la sua naturale curiosità. I tentativi del bambino di rompere il suo isolamento sono incoraggiati e si cerca di sviluppare la sua iniziativa spontanea; anche la più piccola manifestazione di attenzione da parte del bambino viene incoraggiata.
La reciprocità si esplica attraverso giochi ed attività che comportano uno scambio di oggetti, di gesti, di vocalizzazioni, di emozioni ecc., tra terapeuta e bambino. Lo scopo della reciprocità è quello di stimolare la comunicazione.
Le attività che vengono proposte al bambino sono quelle contenute nel Progetto educativo individuale, basato sull'analisi funzionale , e riguardano l'attenzione, la percezione, l'associazione, l'intenzione, la motricità, la capacità di contatto e la comunicazione. Il progetto terapeutico complessivo, che può prevedere anche cure mediche e interventi di operatori diversi, viene definito da tutti i membri dell'équipe che hanno partecipato alla valutazione, e concordato con la famiglia. Il coinvolgimento attivo della famiglia è un'altra delle caratteristiche fondamentali della TED.
Sono previste verifiche periodiche tra i membri dell'équipe, che si avvalgono delle videoregistrazioni delle sedute e della valutazione fatta attraverso l'uso di scale appositamente costruite.
L'intervento viene condotto nel contesto di un "Hopital de Jour", e prevede l'inserimento in gruppi ed attività (come per esempio, la scuola materna) interni alla struttura ospedaliera.
La TED viene condotta preferibilmente nel setting classico descritto sopra; può però svolgersi anche in altri ambiti, fatti salvi i principi generali della tranquillità, disponibilità e reciprocità. La stanza della logopedia, quella di psicomotricità, o in casi particolari l'acqua di una grande vasca da bagno, possono essere altrettanti luoghi in cui la TED viene condotta.
L'intervento può anche essere condotto con due bambini contemporaneamente, qualora lo scopo principale sia di favorire la socializzazione. Queste situazioni, in genere, vengono attivate dopo che è stata fatta una TED classica, con bambini che hanno ancora problemi di socializzazione, spesso con componente aggressiva. Al bambino viene affiancato un altro bambino con analoghe capacità, bisognoso di sviluppare la comunicazione, ma più calmo.
Alla TED vengono affiancati interventi con gruppi più allargati di bambini, ma anche in questo caso i principi ispiratori dell'intervento sono quelli visti in precedenza . Il contesto in cui si svolge questo intervento dovrà essere rassicurante, prevedibile, con precise sequenze temporali, stabile.


(http://autismo.inews.it/terapieriabilitative/metodi.htm &  http://www.oltreilmuro.com/curare-autismo.htm)

lunedì 19 dicembre 2011

metodologie di intervento (parte seconda)



Programma TEACCH

Il Programma TEACCH è stato messo a punto, nel corso dell'esperienza ormai trentennale, avviata da E. Schopler e dai suoi collaboratori, nelle scuole per autistici dello Stato americano della Carolina del Nord negli anni 60. Questo programma ha ottenuto un grosso successo anche fuori dagli Stati Uniti, e si è diffuso negli ultimi anni anche in Europa e in Italia, grazie alla traduzione di alcuni libri e all'attivazione di corsi di formazione.
Il trattamento consiste in attività individuali e contestualizzate secondo alcuni criteri fondamentali; la messa in atto di queste attività deve basarsi, in particolare su quattro criteri, che gli autori chiamano: modello di interazione, prospettive di sviluppo, relativismo comportamentale e gerarchia di addestramento
Il concetto di modello di interazione si riferisce alla necessità di contestualizzare una certa tecnica di intervento all'interno del sistema di relazioni in cui il bambino si trova. I bisogni particolari del bambino e il suo potenziale di apprendimento si possono meglio cogliere nel contesto di interazione del bambino con il suo ambiente quotidiano di vita, familiare e scolastico.
Il secondo concetto, quello di prospettiva di sviluppo sottolinea la necessità che si tenga conto, nel definire l'intervento riabilitativo, del livello di sviluppo globale del bambino nelle diverse aree. Si dovrà tenere conto sia delle sue aree deboli, sia di quelle in cui mostra maggiori capacità.
Con relativismo del comportamento s'intende descrivere e tenere in considerazione un particolare fenomeno che si osserva nei bambini con Disturbi Generalizzati dello sviluppo; quello della difficoltà, a volte impossibilità, a generalizzare, ad ambiti diversi da quello in cui è stata appresa, una risposta comportamentale . E quindi importante definire obiettivi educativi specifici per ogni contesto.
Il concetto di gerarchia di addestramento, infine, indica la necessità che si definiscano delle priorità tra i problemi da affrontare con il bambino autistico. L' intervento educativo dovrebbe cioè essere finalizzato a modificare, in primo luogo, i comportamenti che mettono a rischio la vita del bambino; in secondo luogo, quei problemi che riguardano la capacità del bambino di adattarsi all'ambiente familiare. Quindi, come terza priorità, c'è l'adattamento al contesto scolastico e, come quarta, l'adattamento alla comunità extrascolastica.
Una logica conseguenza di quanto detto finora è che l'intervento educativo deve essere tagliato su misura per il bambino, la sua famiglia e la sua scuola. L'intervento riabilitativo si avvarrà pertanto di una valutazione individualizzata che pone le premesse per la formulazione di un Progetto psicoeducativo
Il Programma TEACCH è stato costruito per sviluppare abilità imitative, funzioni percettive, abilità motorie, capacità d'integrazione oculo-manuale, comprensione e produzione linguistica, gestione del comportamento (autonomie, abilità sociali e comportamentali). Il progetto abilitativo deve comprendere obiettivi che riguardano diverse aree: quelle della comunicazione, del tempo libero, della autonomie e abilità domestiche, delle abilità sociali e dell'apprendimento in senso stretto.
La conduzione del programma è affidata a genitori e insegnanti , che condividono le stesse strategie ed operano in stretta collaborazione. Medici e psicologi orientano l'intervento di genitori e insegnanti, tenendo conto del livello di sviluppo raggiunto dal bambino, del suo contesto di vita quotidiano e delle propensioni del bambino.
Una parte importante del programma è rappresentato dalla valutazione, che avviene attraverso tre modalità diverse. La prima che prevede l'uso test intellettivi e scale standardizzate, riguarda la valutazione dello sviluppo. La seconda modalità è quella dell'osservazione dei modelli di comportamento del bambino. La terza è rappresentata dalla raccolta di informazioni fatta nei colloqui con i genitori, in cui vengono anche individuate le loro aspettative nei confronti del bambino e i problemi principali che essi si trovano ad affrontare. La valutazione dello sviluppo si avvale di uno strumento specifico chiamato Profilo Psicoeducativo (P.E.P.): il P.E.P. consente di determinare lo sviluppo del bambino nelle aree dell'imitazione, della percezione, delle abilità motorie, dell' integrazione oculo-manuale, e delle capacità cognitive. Accanto al P.E.P. è stato predisposto un altro strumento chiamato A.A.P.E.P., che viene utilizzato per la valutazione di adolescenti e adulti autistici.
Le aspettative e gli obiettivi che ci si attende di raggiungere, per ogni bambino, vengono distinte in : 1) aspettative a lungo termine, 2) aspettative intermedie tra 3 mesi ed un anno, e 3) gli obiettivi educativi immediati. Un appropriato intervento dovrà prevedere un coordinamento tra i tre livelli.
L'intervento dovrebbe inoltre sviluppare per prime quelle capacità che sono implicite in altre; se, per esempio, il bambino non ha sviluppato la capacità di imitazione, bisogna sviluppare prima questa, prima di procedere alla stimolazione del linguaggio.
La procedura fin qui descritta è finalizzata alla definizione delle mete educative; il passaggio successivo è quello di formulare, a partire dalle mete educative , degli obiettivi educativi specifici. Ciascun obiettivo educativo specifico viene poi tradotto in attività didattiche, costruite tenendo conto di tutte le variabili citate in precedenza, sia individuali che contestuali. Accanto ad attività didattiche specifiche è previsto l'utilizzo di tecniche di modificazione del comportamento, soprattutto per quanto riguarda la gestione dei comportamenti problema.
Uno dei princìpi fondamentali dell'intervento è quello per cui l'acquisizione di abilità da parte del bambino autistico richiede un adattamento e una modificazione dell'ambiente di vita del bambino, sia familiare, sia scolastico. E' importante, in particolare, che l'ambiente di apprendimento sia strutturato e prevedibile e che le attività che gli vengono proposte siano precise e, soprattutto per i bambini che non parlano, comprensibili al di là delle indicazioni verbali. La strutturazione deve riguardare sia gli spazi sia i tempi di lavoro; per es. possono essere utilizzate delle immagini che descrivono i vari momenti della giornata, e al bambino viene insegnato ad associarne ciascuna ad un preciso momento/attività della sua giornata.

(http://autismo.inews.it/terapieriabilitative/metodi.htm &  http://www.oltreilmuro.com/curare-autismo.htm)

domenica 11 dicembre 2011

metodologie di intervento (prima parte)


METODO  ETODINAMICO

Che cos’è e cosa si propone
Si tratta di un modo di intervento nei confronti del bambino con autismo o, comunque, appartenente allo spettro autistico, che tenta di creare un canale comunicativo altamente significativo sul piano emozionale, in modo da poter attivare il bimbo su diversi livelli interattivi così da  favorire successivamente una rapida crescita delle sue capacità  e, quindi, un sostanziale miglioramento della sua situazione.

Su che cosa si basa
Si basa soprattutto sulla ricerca della motivazione nell’ambiente naturale, usando dei modi che rendano il bambino autistico curioso, in quanto il piccolo dell’uomo necessita per crescere di particolari modalità relazionali con la madre e, comunque, con l’adulto che si occupa di lui.
A questo proposito giocano un ruolo fondamentale le variazioni messe in atto dal genitore sin dai primi giorni di vita del figlio, mentre si pone in sintonia con lui.
Il piccolo, allora,, risponde con  il movimento degli occhi o con i gorgheggi, dando vita ad una sequenza ricca di enormi sviluppi, come l’emergere della intersoggettività primaria e di quella secondaria.
Aspetti, questi, spesso carenti o assenti nel bimbo con autismo e che devono poter essere da lui raggiunti  attraverso la creazione di sempre nuove modalità di scambio (reciprocità) da parte dell’adulto che, inizialmente è rappresentato dal terapeuta ma poi, anche, dal genitore. 

Come viene applicato
Il trattamento vero e proprio implica la messa in atto, da parte del terapeuta, di un processo interattivo molto intenso col bambino, cui devono assistere e partecipare i genitori stessi, basato  sulla ATTIVAZIONE EMOTIVA.
Questa modalità consiste nel creare un aumento quantitativo di stimoli specifici, creando in tal modo una INSTABILITA’ DEL SISTEMA NERVOSO  e poi esponendolo a una situazione per lui nuova e quindi RIDIREZIONANDOLO.
A tal proposito sono significativi gli studi con alcuni tipi di animali ma quello che è determinante nell’autismo è la capacità del terapeuta di modulare il rapporto col bimbo e creare una relazione talmente intensa da rappresentare la base di un progressivo processo evolutivo. 
Ciò deve poter essere portato avanti anche dai genitori a casa secondo un percorso organizzativo comprendente periodiche occasioni di incontro tra i genitori, il bambino con autismo ed il terapeuta. Analogamente deve essere attuato un intervento pedagogico strutturato a scuola integrando le migliori metodologie possibili, in riferimento alle specifiche esigenze e alle particolari  caratteristiche del soggetto.

Chi lo pratica. In quali contesti.
Il terapeuta è colui che svolge una funzione centrale in un tipo di intervento che utilizza fondamentali momenti valutativi rispetto ai sistemi di comportamento che, in un’ottica etologica sono definiti rispetto ai loro scopi (avvicinarsi, allontanarsi, esplorare), in una prospettiva motivazionale e, quindi, interattiva.
Per cui considera sia i modi di risposta del bimbo autistico, che può trovarsi in una situazione di conflitto motivazionale, sia le caratteristiche delle relazioni intrafamiliari, onde favorire adeguati processi collaborativi che richiedono, talvolta, modi di tipo intrusivo, come ad esempio quando si tratta di facilitare nel bambino un tipo di risposta che egli non è ancora capace di esprimere.
 A questo punto i genitori divengono dei co-terapeuti, in quanto conducono a casa interventi di circa un’ora al giorno.

In conclusione, si tratta di divenire una guida attiva per il bambino, dato che la sua mente ha bisogno di una mente più grande per funzionare, che ne condivida i significati e le dia un senso, utilizzando prima di tutto stimolazioni del tipo baby talk, fino a vere e proprie activities for fun per poi determinare le prime esplorazioni della realtà da parte del bimbo.
In modo da raggiungere progressivamente i seguenti obiettivi:
- la intersoggettività primaria
- la intersoggettività secondaria
- la spinta all’autonomia motoria
- l’attenzione alle intenzioni degli altri (teoria della mente)
- il gioco simbolico
- la narrazione

Come si svolge
Si svolge in una stanza spaziosa dotata di attrezzature (tavolo, sedie, divani, giocattoli) in cui il bambino è libero di muoversi e di interagire in attività ludiche con il genitore presente; al terapeuta spetta il compito di stimolare il genitore a essere propositivo verso il figlio. Il metodo tende a sviluppare le potenzialità emotive e la collaborazione tra il piccolo paziente e i genitori che si alternano nella stanza.

A chi è stato rivolto
Ai bambini con autismo o che comunque rientrano nello spettro autistico e, naturalmente, ai loro genitori.

Per quali fasce d’età
L’AERC raggiunge la massima efficacia terapeutica nel periodo di vita che arriva fino ai 7 anni. Tuttavia i processi operativi che permettono all’AERC di integrarsi facilmente con altre metodologie particolarmente attivanti l’autonomia del soggetto stanno permettendo il realizzarsi di ottimi risultati anche con ragazzini più grandi e gli adolescenti.

Critiche
La critica più frequente riguarda la considerazione che l’AERC non sarebbe un vero e proprio metodo strutturato. In effetti, in questo caso, si tratta di un vantaggio poiché l’AERC, presentandosi come un approccio di base all’autismo, da un lato si integra facilmente con le parti migliori di altri metodi strutturati e, d’altra parte, si pone in una continua revisione al fine di sempre meglio  rispondere alle esigenze dei bambini con autismo, anche in riferimento all’evoluzione delle ricerche in atto. A questo proposito, un grande contributo agli interventi AERC sta per evidenziarsi sulla base degli studi  recenti sui NEURONI MIRROR.


(http://autismo.inews.it/terapieriabilitative/metodi.htmhttp://www.oltreilmuro.com/curare-autismo.htm)